risparmio energetico
approfondimenti

L'autoconsumo collettivo e le comunità energetiche consentono ai cittadini di autoprodurre e condividere energia da fonti pulite. Con il "decreto Milleproroghe" 2020 e la delibera per la sua attuazione da parte di ARERA, l'Italia ha compiuto un passo importante verso un futuro più sostenibile, legittimando l'autoconsumo collettivo e le comunità energetiche. Entrambe le attività si basano sull'autoproduzione di energia grazie a impianti fotovoltaici residenziali, che consentono di aumentare la quota delle rinnovabili elettriche italiane, di ridurre le emissioni di CO2 nell'ambiente e di offrire ai cittadini un concreto risparmio in bolletta.
Le comunità energetiche
nel “decreto Milleproroghe”
La rivoluzione dell’energia in Italia parte dalla conversione in legge del “decreto Milleproroghe”, che ha introdotto le comunità energetiche rinnovabili. Difatti, con la legge 8 del 28 febbraio 2020, l’Italia converte in legge il D.L. 162 del 30 dicembre 2019, il cui art. 42-bis introduce la possibilità di creare comunità energetiche e di attivare progetti di autoconsumo collettivo di energia da fonti rinnovabili. Le comunità energetiche rinnovabili, già introdotte dalla Direttiva europea RED II del 2018, aprono la strada a un nuovo scenario energetico in Italia.
Con REC si intende un’associazione di cittadini, di piccole e medie imprese e di attività commerciali, che condivide lo stesso impianto di produzione di energia rinnovabile. L’obiettivo delle comunità è di apportare benefici in termini ambientali, economici e sociali ai membri che la compongono e all’area in cui essi operano.
L’introduzione delle comunità energetiche, come detto, è contenuta nell’art. 42-bis della legge (denominato “Innovazione in materia di autoconsumo da fonti rinnovabili”); esso stabilisce che gli impianti di produzione dell’energia devono avere potenza inferiore ai 200 kW; gli impianti di produzione dell’energia devono essere entrati in esercizio dopo il 1marzo 2020 (entrata in vigore della conversione in legge del “decreto Milleproroghe”); la condivisione dell’energia avviene attraverso la rete elettrica esistente (con il pagamento degli oneri di sistema); l’impianto deve essere connesso alla rete elettrica a bassa tensione, attraverso la medesima cabina di trasformazione MT/BT; l’energia prodotta deve essere destinata all’autoconsumo, deve cioè essere consumata nelle immediate vicinanze dell’impianto; gli autoconsumatori di energia rinnovabile devono trovarsi nello stesso edificio, nello stesso stabile, o codominio ecc.
La citata legge non specifica invece la tipologia di tecnologia rinnovabile con la quale la produzione energetica dovrebbe avvenire; in ogni caso, il fotovoltaico rappresenta sicuramente un sistema più che adatto a questo tipo di utilizzo.
Secondo i tecnici in materia, grazie alle comunità energetiche, l’energia elettrica è prodotta in loco e destinata direttamente all’autoconsumo. Il suo tragitto è dunque brevissimo, e ciò fa sì che si riducano fortemente i costi di gestione delle linee di distribuzione. Il risultato è un notevole risparmio sulle bollette elettriche, che può arrivare a circa € 90 per MWh. Inoltre, questo modello permette al singolo cittadino (o alla singola impresa) di assumere un ruolo predominante nel perseguimento dell’obiettivo di sostenibilità energetica(1).
Le comunità energetiche rinnovabili
nel “decreto Rilancio”
Dopo il “decreto Milleproroghe” del 2020, che ha dato una definizione precisa a queste associazioni, è arrivata un’altra spinta legislativa (il più recente D.L. 34/2020, detto “decreto Rilancio”) che prevede importanti incentivi fiscali per gli impianti realizzati da questi gruppi organizzati di persone o di imprese, organizzazioni che producono e condividono energia pulita e che possono rappresentare una via alternativa per la transizione energetica dell’Italia e un contributo al raggiungimento degli obiettivi sul clima.
Come osservato in precedenza, le comunità energetiche rinnovabili, secondo la recente definizione, sono associazioni di cittadini, attività commerciali o imprese che si uniscono per produrre e condividere energia elettrica da fonti pulite. In altre parole, singoli privati, negozi o aziende e uffici nello stesso stabile che decidono di unirsi per dotarsi di un impianto da fonte rinnovabile, con una potenza complessiva non superiore a 200 kW, e condividere l’energia prodotta o per il consumo immediato, utilizzando la linea di distribuzione elettrica esistente, o per stoccarla in sistemi di accumulo (e utilizzarla quando necessario).Un’ulteriore scossa allo sviluppo delle comunità energetiche rinnovabili è arrivata, infine, dal “decreto Rilancio”, il cui testo finale, approvato nel corso dell’estate, ha allargato la platea di soggetti beneficiari del superbonus 110%(2), includendo anche le comunità energetiche rinnovabili.
In particolare, le comunità energetiche rinnovabili possono usufruire della detrazione fiscale per impianti di potenza fino a 200 kW come segue: i primi 20 kW hanno accesso al superbonus (quindi all’aliquota al 110%), mentre per la potenza restante si applica l‘aliquota ordinaria del 50%, secondo quanto precisato dall’Agenzia delle entrate (circ. n. 24/E dell’8 agosto 2020). Il tutto, entro il limite di spesa complessivo di € 96.000.
Secondo un magazine di informazione ambientale (www.greenews.info del 12 settembre 2020) “tale soglia potrebbe non coprire l’intero costo dell’impianto da 200 kW, ma l’incentivo fiscale previsto rappresenta pur sempre un importante passo in avanti per agevolare lo sviluppo di energia pulita a chilometro zero”.
La tariffa incentivante per la remunerazione degli impianti
a fonti rinnovabili
Nella Gazzetta Ufficiale 285 del 16 novembre 2020 è stato pubblicato il D.M. sviluppo economico del 16 settembre 2020 con “Individuazione della tariffa incentivante per la remunerazione degli impianti a fonti rinnovabili inseriti nelle configurazioni sperimentali di autoconsumo collettivo e comunità energetiche rinnovabili”.
Secondo primi commentatori, il decreto del MISE individua la tariffa incentivante per la remunerazione degli impianti a fonti rinnovabili inseriti nelle configurazioni per l’autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili e nelle comunità energetiche rinnovabili, come regolate da ARERA.
Inoltre la norma individua i limiti e le modalità relativi all’utilizzo e alla valorizzazione dell’energia condivisa prodotta da impianti fotovoltaici che accedono alle detrazioni stabilite dal medesimo art. 119. del D.L. 34/2020. Esso si applica alle configurazioni di autoconsumo collettivo e alle comunità energetiche rinnovabili realizzate con impianti a fonti rinnovabili, ivi inclusi i potenziamenti, entrati in esercizio a decorrere dal 1° marzo 2020, per i quali il GSE abbia svolto con esito positivo la verifica.
In pratica, secondo le nuove disposizioni, l’energia elettrica prodotta da ciascuno degli impianti a fonti rinnovabili ha diritto, per un periodo di 20 anni, ad una tariffa incentivante in forma di tariffa premio pari a:
100 €/MWh nel caso in cui l’impianto di produzione faccia parte di una configurazione di autoconsumo collettivo;
110 €/MWh nel caso in cui l’impianto faccia parte di una comunità energetica rinnovabile.
L’intera energia prodotta e immessa in rete resta nella disponibilità del referente della configurazione, con facoltà di cessione al GSE fermo restando l’obbligo di cessione previsto per l’energia elettrica non autoconsumata o non condivisa, sottesa alla quota di potenza che acceda al Superbonus. Il periodo di diritto alle tariffe incentivanti è considerato, al netto di eventuali fermate, disposto dalle competenti autorità per:
problemi connessi alla sicurezza della rete elettrica riconosciuti dal gestore di rete;
eventi calamitosi riconosciuti dalle competenti autorità;
altre cause di forza maggiore riscontrate dal GSE.
A tal fine, il GSE riconosce, a fronte di motivate e documentate richieste, un’estensione del periodo nominale di diritto. Inoltre, per ciascun impianto facente parte della configurazione di autoconsumo collettivo o di comunità di energia rinnovabile, il diritto alla tariffa decorre dalla data di decorrenza del contratto, se l’impianto è in esercizio, ovvero dalla data di entrata in esercizio commerciale dell’impianto, se successiva.
L’istanza di accesso alla tariffa è effettuata con le modalità previste dal punto 4.2 della delibera ARERA n. 318 del 4 agosto 2020.
Differenza tra autoconsumo collettivo e comunità energetiche
L’autoconsumo collettivo e le comunità energetiche consentono ai cittadini di autoprodurre e condividere energia da fonti pulite. Dunque, l'autoconsumo collettivo permette a un gruppo di cittadini o agli abitanti dei condomini di consumare, immagazzinare e vendere energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, risparmiando così sulla bolletta. Riprendendo la direttiva RED II, nota anche come direttiva rinnovabili (2018/2001), per essere considerati autoconsumatori che agiscono collettivamente è sufficiente un gruppo di almeno due autoconsumatori.
Diversamente, per comunità energetiche rinnovabili si intende un soggetto giuridico che si basa sulla partecipazione aperta e volontaria, è autonomo ed è effettivamente controllato da azionisti o membri che sono situati nelle vicinanze degli impianti di produzione di energia da rinnovabili che appartengono e sono sviluppati dal soggetto giuridico in questione. Dunque, dal punto di vista soggettivo, azionisti, PMI o autorità locali, comprese le amministrazioni comunali il cui obiettivo principale è fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi azionisti o membri o alle aree locali in cui opera, piuttosto che profitti finanziari.
In sintesi, l’autoconsumo collettivo e le comunità energetiche condividono lo stesso obiettivo, ma lo raggiungono in due modi diversi:
l’autoconsumo collettivo riguarda più soggetti che condividono lo stesso edificio dotato di impianti fotovoltaici: di conseguenza, l’energia prodotta può essere condivisa, ma limitatamente al luogo specifico dove viene generata. Queste realtà comprendono i condomini, ma anche le aziende e i soggetti pubblici presenti nella stessa sede. L’autoconsumo collettivo offre così la possibilità a tutti i cittadini di accedere ai benefici del fotovoltaico e al contempo di godere delle agevolazioni e degli incentivi legati all’autoproduzione energetica collettiva. Già in precedenza, i singoli condomini potevano disporre di una porzione della superficie del tetto comune per installare il proprio impianto fotovoltaico personale, ma ora è possibile coordinarsi con vicini e amministrazione, e agire collettivamente ottenendo maggiori vantaggi. In questi casi, secondo il MISE, l’incentivo esplicito sull’energia autoconsumata rispettivamente pari a di 100 €/MWh per l’autoconsumo. Dunque, in tema di autoconsumatori collettivi, i soggetti diversi dai nuclei familiari sono associati nel solo caso in cui le attività di produzione di energia da rinnovabili non costituiscono l'attività commerciale o professionale principale. I soggetti associati - tramite un contratto di diritto privato - mantengono i loro diritti di cliente finale, incluso quello di scegliere il proprio venditore di energia e recedere (nel rispetto del contratto) dalla configurazione di autoconsumo.;
le comunità energetiche invece aggregano più soggetti capaci di autoprodurre energia mediante impianti fotovoltaici vicini tra loro ma non necessariamente installati sullo stesso edificio. Questi impianti vengono quindi connessi nelle cosiddette ‘centrali elettriche virtuali’, che permettono anche a chi non detiene la proprietà fisica dell’impianto di usufruire dei benefici derivanti dall’autoconsumo. Le comunità energetichepossono coinvolgere un intero quartiere, purché afferente la stessa cabina elettrica di trasformazione, creando realtà locali completamente autosufficienti per quanto riguarda i consumi elettrici, interamente autoprodotti da fonti rinnovabili, unendo sotto l’obiettivo comune di un futuro più sostenibile tutti i cittadini che ne fanno parte. In questi casi, secondo il MISE, l’incentivo esplicito sull’energia autoconsumata rispettivamente pari a di 110 €/MWh per comunità energetiche. Nel caso delle comunità energetiche, gli azionisti o i membri devono essere persone fisiche, piccole e medie imprese, enti territoriali o autorità locali (incluse le amministrazioni comunali). La partecipazione alla comunità di energia rinnovabile non può costituire l'attività commerciale e industriale principale.
Le entità giuridiche costituite da autoconsumatorie/o comunità energeticheche agiscono devono in ogni caso agire nel rispetto di una serie di condizioni:
in tema di autoconsumatori, i partecipanti devono produrre energia destinata al proprio consumo con impianti rinnovabili la cui potenza complessiva non superi i 200 kW. Gli impianti devono essere entrati in esercizio entro 60 giorni dall’entrata in vigore del “decreto Milleproroghe”. Inoltre, devono condividere l'energia prodotta utilizzando la rete di distribuzione esistente. L'energia condivisa è pari al minimo, in ciascun periodo orario, tra quella prodotta e immessa in rete dagli impianti a fonti rinnovabili e quella prelevata dall'insieme dei clienti finali associati. L'energia dev’essere condivisa per l'autoconsumo istantaneo, che può avvenire anche attraverso sistemi di accumulo o presso i condomìni.Nel caso di autoconsumatori che agiscono collettivamente, questi devono trovarsi nello stesso edificio o condominio;
per le comunità energetiche rinnovabili i punti di prelievo dei consumatori e i punti di immissione degli impianti si trovano su reti elettriche di bassa tensione sottese, alla data di creazione dell'associazione, alla medesima cabina di trasformazione MT/BT.
Da ultimo, si evidenzia che il GSE (Gestione Servizi Energetici), con un proprio comunicato del 22 dicembre 2020, ha precisato che da tale data è possibile inoltrare le istanze preliminari per i contributi previsti dal Decreto MiSE e dalla delibera ARERA. In particolare, nelle Regole tecniche, consultabili nell'apposita sezione del sito GSE, sono riportati i requisiti, le modalità di richiesta per l'accesso al servizio, lo schema di contratto standard, i criteri di calcolo e le tempistiche di erogazione dei contributi economici. Per i gruppi di cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni che hanno già realizzato gruppi di autoconsumo collettivo o comunità energetiche, il GSE ha predisposto un modello di istanza preliminare semplificata di accesso al servizio, che è possibile inviare tramite il nuovo Portale presente nell'Area Clienti del GSE. In questo modo, potrà essere garantito l'accesso agli incentivi, a partire dalla data di presentazione della richiesta preliminare.
Considerazioni finali per il condominio
Il condominio offre la possibilità di sperimentare, su piccola scala, i vantaggi proposti dalla recente normativa in materia di produzione, scambio e consumo di energia. All’innovazione normativa si aggiunge quella tecnologica che, attraverso la domotica e l’intelligenza artificiale, trasforma le abitazioni in luoghi più sicuri ed efficienti. Difatti, la tecnologia intelligente consente ai proprietari di casa di assumere il controllo del proprio consumo energetico attraverso una varietà di strategie di risparmio energetico che definiscono la casa “intelligente”. Una profonda conoscenza della tecnologia, dunque, implica un maggior grado di consapevolezza del proprio impatto ambientale ed è garanzia di maggiore sicurezza, non solo dell'ambiente domestico, ma anche delle persone che lo abitano.
Premesso ciò, per il caso del condominio, un unico edificio con più utenze al proprio interno, secondo i tecnici, lo schema di riferimento per la comunità energetica è quello di “Autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente”. Per poter stimare il ritorno economico per questa comunità energetica, oltre alla potenza e alla capacità produttiva dell’impianto fotovoltaico con accumulo, occorre considerare anche il consumo associato al contatore condominiale, consumo medio per appartamento, autoconsumo fisico dell’utenza comune e, infine, l’energia immessa in rete e non autoconsumata dalla comunità o dall’utenza comune. In pratica, l’energia autoconsumata collettivamente, ovvero quella immessa in rete dal contatore condominiale e contestualmente autoconsumata dalle singole utenze, genererà una serie di ricavi, basati sugli incentivi recentemente introdotti, espressi dai seguenti contributi:
restituzione degli oneri di trasmissione e dispacciamento non goduti(3);
incentivo sull’energia autoconsumata per l’energia autoconsumata all’interno della comunità. Inoltre, su tutta l’energia che non viene consumata nel contatore condominiale ma è immessa in rete, dovrebbe essere riconosciuto il Ritiro Dedicato (RID).
A questi benefici o ricavi, per completezza andrebbe considerato anche il valore dell’energia autoconsumata dal contatore condominiale (che rappresenta comunque un significativo risparmio sulla bolletta del condominio.
In conclusione, per capire come funzionano le comunità energetiche rinnovabili è necessaria la valutazione di un tecnico che avrà il compito di prospettare i ritorni economici e i benefici comunitari e individuali.
(1)Sono previsti inoltre strumenti di incentivazione per la realizzazione dei sistemi di produzione e condivisione. L’ente individuato per l’erogazione delle tariffe incentivanti è il Gestore dei Servizi Energetici. il GSE è una società per azioni controllata direttamente dal Ministero dell’Economia. La tariffa è attribuita in base all’autoconsumo, che può essere istantaneo e/o basato su sistemi di accumulo.
(2)Il superbonus, in generale, è una agevolazione che eleva al 110% l’aliquota di detrazione delle spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021, per specifici interventi in ambito di efficienza energetica, di installazione di impianti fotovoltaici (come intervento “trainato”), oltre che di interventi antisismici e delle infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici.
(3)L’energia autoconsumata non è immessa nella rete pubblica, per cui devono essere restituiti i costi che gli utenti della comunità energetica, che continuano a prelevare energia da rete, si trovano comunque addebitati in bolletta.